L’energia solare é una delle energie più abbondanti, non inquinanti e rinnovabili sul nostro pianeta.
Il materiale più usato per le celle fotovoltaiche é il silicio cristallino ma l’alto costo di produzione di queste celle é un ostacolo per applicazioni su larga scala. Nell’ultima decade un considerevole lavoro é stato fatto nello sviluppo di celle solari a film sottili per sostituire le costose celle solari di silicio. Gli incentivi sono utili a promuovere la diffusione degli impianti fotovoltaici, ma affinché la quantità di energia elettrica così prodotta possa diventare confrontabile con quella derivante dalle fonti tradizionali, i moduli devono essere fabbricati su scala industriale, con volumi di produzione di decine di chilometri quadrati l'anno. Per raggiungere questo obiettivo i moduli fotovoltaici devono soddisfare tre requisiti fondamentali:
1. essere poco costosi,
2. essere efficienti,
3. essere stabili nel tempo.
I dispositivi oggi in commercio non riescono a rispondere contemporaneamente a tutti e tre i requisiti sopra elencati, soprattutto a quello riguardante il costo.
Le celle solari a film sottili utilizzano una quantità di materiale minima tanto che il costo del materiale attivo incide del 10% mentre il restante costo del materiale é dovuto al vetro. Per questo motivo, a differenza di materiali massivi come il silicio cristallino, se si sostituisce il supporto rigido con uno flessibile, il dispositivo (grazie all’esiguo spessore degli strati) assume una struttura leggera e assolutamente adattabile.
Sotto questa ottica, i materiali a film sottile, offrono un potenziale enorme che si aggiunge al basso costo di produzione e all’alta scalabilità industriale permettendo di realizzare moduli totalmente flessibili (quindi adattabili a qualunque superficie che si vorrà coprire) altamente integrabili negli edifici e con un costo di installazione estremamente ridotto grazie alla considerevole diminuzione di peso (i moduli potranno essere portati sui tetti sottoforma di nastri svolgibili).
Un ulteriore vantaggio di questo tipo di tecnologia è la possibilità di realizzare un sistema di produzione roll-to-roll cioè un nastro di materiale flessibile verrebbe svolto ed inserito nell’impianto di produzione per poi essere riavvolto alla fine del processo. Questo permette un ulteriore abbattimento dei costi di produzione rispetto ad un processo di produzione di moduli a film sottili su supporto rigido.
In questo progetto si vuole sfruttare la pluriennale esperienza maturata al politecnico di Zurigo nella realizzazione di celle solari flessibili a film sottili di CdTe dal coordinatore scientifico del progetto (che detiene il record di efficienza mondiale per celle solari flessibili di CdTe) per studiare e preparare un processo per la realizzazione di celle solari a film sottili di CdTe ad alta efficienza, dove oltre allo sviluppo del dispositivo elettronico si intende anche ottimizzare il polimero ed impiegare innovative soluzioni per aumentarne l’efficienza e successivamente modificare il processo in modo da sostituire gli step più costosi a livello industriale con processi altamente scalabili e a bassa temperatura.
Per rendere flessibile una cella solare a film sottile è necessario quindi sostituire il substrato rigido, che solitamente è un vetro di 2-4 mm di spessore, con un supporto flessibile. Nel caso delle celle solari di CdTe il supporto deve essere trasparente poiché la struttura detta “superstrato” implica il passaggio della luce attraverso il supporto stesso (mentre la configurazione “substrato” è fatta in modo da avere gli strati invertiti rispetto alla prima e la luce viene dalla parte opposta al vetro) . Il problema è stato risolto da A. Romeo utilizzando un polimero sottile da risultare trasparente e resistente a temperature di processo fino a 450 °C. Il polimero che ha dato i migliori risultati in tal senso è stato l’Upilextm della giapponese UBE ltd.
Il polimero che sostiene la struttura fotovoltaica ha lo svantaggio di non essere completamente trasparente, in particolare assorbe luce in una zona compresa tra i 300 ed i 500 nm. In questo progetto si vuole superare questa limitazione perseguendo diverse possibili alternative:
a) utilizzare un polimero che sia il più possibile trasparente ed allo stesso tempo resistente alle alte temperature di processo, quale ad esempio il polimero Ary Lite (Ferrania) o Upilex (UBE).
b) Applicare dei coloranti (dye) fluorescenti (Lumogen, Basf) che possono assorbire la luce (nel range di 300-500 nm) e riemetterla a lunghezze d’onda superiori non assorbite dal polimero.
c) Realizzare celle solari CdTe in configurazione “substrato”, quindi rivoltando la sequenza degli strati. In modo da poter sondare la possibilità di realizzare celle flessibili su lamine metalliche. La struttura “substrato” si è rivelata finora meno performante ma riteniamo di poter includere alcune innovazioni che permettano di ottenere buoni risultati.